Grand Hotel de Londres

Grand hotel Londres palazzo napoli

Una facciata austera, scandita orizzontalmente, a livello della strada, da alti finestroni ad arco e verticalmente da lesene aggettanti che terminano con capitelli decorati in stucco a rilievo. L’aspetto neorinascimentale si arricchisce di strutture decorative in ferro come la rosta del portale e la pensilina che protegge l’ingresso dell’imponente edificio sulla piazza del Municipio. Il preludio della stagione architettonica del Liberty a Napoli, il Grand Hotel Londres è il primo edificio di Art Nouveau della città, costruito tra il 1895 e il 1899.

Napoli è reduce dall’epidemia di colera e il tessuto urbanistico è in questi anni investito da un progetto di riqualificazione di ampie zone e di “sventramento” di interi quartieri che prende il nome di Risanamento. Su incarico dell’impresa di costruzioni “Società Veneta per le imprese e costruzioni pubbliche”, l’architetto Giovan Battista Comencini progetta un complesso immobiliare da destinare ad albergo.

Un immenso albergo che viene acquistato dai signori Delvitto, Poggiani e Campione. Il loro nome si legge in un manifesto pubblicitario del 1897 (rigorosamente in francese), presente nel Catalogo Generale dei beni culturali, che raffigura, sullo sfondo di una finestra con vista Vesuvio, tutta ghrigori e riccioli, una dama elegantemente vestita, con un mazzo di chiavi alla cintura e tra le mani un nido su cui è adagiato il modellino dell’edificio. Un hotel dove il lusso degli arredi e dei raffinati ambienti si coniugava con la modernità. Era dotato di ascensore, ufficio postale, giardino di inverno, esposto en plein midi e costituito da 100 ambienti, tra camere, suites e saloni, un elogio del gusto innovativo e prorompente dello stile floreale.

È il tempo in cui Napoli si trasforma guardando a Parigi, capitale della modernità, modello per le arti e per la moda. Divenuta tra le città italiane più attente a coglierne i fermenti innovativi, Napoli richiamava personalità di spicco del mondo della cultura e della politica e la crescita della sua attravitita’ turistica si tradusse nella costruzione nelle zone “bene” della città di grandissimi e sfarzosi alberghi. Al Grand Hotel Londres, in posizione privilegiata perché al centro di Napoli, accanto al Teatro Mercadante e a due passi dal mare, alloggiarono artisti e letterati, come Filippo Tommaso Marinetti, che qui compose il Teatro della sorpresa, manifesto teatrale futurista, ma anche uomini politici di primo piano, come Winston Churchill.

Degli arredi originali e delle decorazioni interne – che dovevano essere un tripudio di raffinata eleganza – quasi nulla è sopravvissuto perché, abbandonata la sua destinazione alberghiera, nonostante una legge del 1936 ne prescrivesse il vincolo, l’edificio ha subìto diversi rimaneggiamenti per adeguarlo alle funzioni degli enti ospitati.

Nel dopoguerra fu acquisito al demanio dello Stato e poi dato in gestione al Comune di Napoli. Dopo il terremoto del 1980 l’edificio – che ha una superficie di oltre 8000 mq – ha accolto il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania che tuttora vi ha sede, unitamente alla Struttura di Progettazione dell’Agenzia del Demanio e al Museo MAMT ( Mediterraneo – Arte – Musica – Tradizioni ).

Da anni si discute dell’opportunità di restituire all’edificio, dichiarato “bene architettonico di interesse culturale”, nonché “bene monumentale”, la sua originaria destinazione alberghiera. Per la causa si sono mobilitate varie associazioni e prima tra tutte il Comitato di Portosalvo cui, negli anni passati, si sono affiancate le voci autorevoli di Nicola Pagliara e Massimo Rosi. Più recentemente l’Unione Industriali ha fatto appello alle Istituzioni affinché si restituisca alla città un edificio che, per la sua collocazione, oltre che per il suo pregio storico e architettonico, è di straordinaria importanza strategica per un turismo di qualità.

Da quanto si legge negli atti della gara di progettazione dei lavori di miglioramento sismico, efficientamento energetico e riqualificazione funzionale dell’edificio, da pochi mesi aggiudicata, in cui non vi è alcun accenno ad un ripristino della sua originaria destinazione, ma anzi si legge “all’attualità si prevede che l’immobile dovrà continuare ad ospitare le Amministrazioni usuarie attualmente presenti”, sembrerebbe però che l’obiettivo non sia proprio vicino.

Al piano terra dell’edificio, in un ambiente affollato di scrivanie di legno e fascicoli, molti anni fa fui travolta dall'”ebbrezza” derivante, più che dal primo “incombente istruttorio” della mia vita, dagli affreschi allegri e colorati delle pareti: boccali di birra, donne e uomini abbigliati con costumi bavaresi, un Oktober Fest in pieno centro a Napoli, uno sfondo piuttosto bizzarro per un ufficio giudiziario.

In quegli ambienti vi era una famosa birreria, “Löwenbräu”, un locale leggendario frequentato da artisti e intellettuali, rinomato per l’ottima cucina e la piacevole atmosfera tirolese evocata appunto dagli affreschi del pittore austriaco Anton Babion.

Nel romanzo “Mistero Napoletano” di Ermanno Rea, proprio nella birreria Lowenbrau, è ambientato il famoso, quanto controverso, episodio che vide Il genio matematico Renato Caccioppoli sfidare i militari fascisti, intonando al pianoforte le note della Marsigliese, un inno alla libertà schiacciata dal fascismo, una sfida non insolita per una mente coraggiosa e libera come quella di Caccioppoli e che gli costò l’arresto e successivamente la permanenza presso l’ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi.

Un articolo pubblicato qualche giorno fa sul Corriere del Mezzogiorno denuncia lo stato di gravissimo degrado degli affreschi dello storico locale. Per evitare che vadano perduti e che con essi si cancelli un altro pezzo della storia di Napoli, il Comitato di Portosalvo ha acceso un faro sulla vicenda, rivolgendo un accorato appello alla Sopraintendenza affinché sia tutelato e restaurato un luogo che è stato presidio di uno stile di vita, custode di storie e di storia che sono patrimonio culturale della città di Napoli.

Scritto da:

Marialaura D'amore

Marialaura D'amore

Laureata in giurisprudenza, lavora nel settore pubblico e nutre un grande amore per l’arte, la storia, le architetture, i musei e i panorami di Napoli, che fotografa nelle sue passeggiate.

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