Palazzo Scarpetta

L’Olimpo del teatro napoletano ha un indirizzo: Via Vittoria Colonna 4. Qui hanno vissuto Eduardo Scarpetta e la sua famiglia “allargata”, i De Filippo, i Carloni, i Viviani. Il Palazzo Scarpetta venne costruito alla fine dell’800. Il successo clamoroso della commedia “Na Santarella”, tradotta dal francese, riadattata nella lingua napoletana e trasformata nell’ambientazione e nei personaggi da Scarpetta è celebrato nel Palazzo di Via Vittoria Colonna con le sculture, dislocate nell’atrio, dei suoi personaggi principali: la madre superiora del convento delle Rondinelle, dove la storia è ambientata, la Santarella, la protagonista, di giorno l’allieva più diligente ed ossequiosa del monastero e Felice Sciosciammocca, la maschera inventata da Scarpetta che, innovando la tradizione antica, soppiantò nel cuore dei napoletani, Pulcinella. È il teatro che si riforma, quel teatro che è la vita di Scarpetta e attorno al quale gravita anche tutto il suo allargato nucleo familiare. Sposato con Rosa De Filippo che pare fosse già in attesa di Domenico, figlio del re Vittorio Emanuele II, a chi in teatro lo prendeva in giro, Eduardo Scarpetta rispondeva, ironico, che le sue erano corna si, ma corna “reali”. Ebbe tante relazioni extraconiugali e tanti figli. Dal matrimonio con Rosa nacque solo Vincenzo. Fu legittimata e portò il suo cognome Maria, da lui adorata, nata dalla relazione con una maestra di pianoforte, Francesca Giannetti. Illegittimi Titina, Eduardo e Peppino De Filippo, che lo chiamavano zio, furono generati con Luisa, la nipote della moglie di Scarpetta. E ancora, si dice, Ernesto Murolo ed Eduardo e Pasquale De Filippo (in arte Passarelli), figli di Anna De Filippo, sorellastra di Rosa, che pure viveva in casa Scarpetta. Anche i De Filippo abitavano nelle vicinanze, a Via Bausan, anche se a Via Ascensione una targa accanto al civico 8 ricorda che ivi nacque Peppino de Filippo. Nel racconto di Maria Basile, vedova di Mario Scarpetta e madre di Eduardo, ultimo discendente Scarpetta, David di Donatello nel 2022 come miglior attore non protagonista di “Qui rido io” nella versione di Martone, pare che Eduardo Scarpetta non facesse mancare comunque la sua costante presenza ed assistenza ai De Filippo.

Era una famiglia aperta, sui generis soprattutto per quei tempi. La stessa Rosa si dice fosse amorevole con tutti i figli di Eduardo, anche quelli nati dalle sue innumerevoli relazioni extraconiugali.

Eccentrico, sul portale campeggia il fregio di una musa con una tromba e una maschera e sulla volta dell’androne sono impresse le iniziali di Eduardo Scarpetta.

Fu per accontentare la moglie Rosa, non amante dell’isolamento del Vomero e del castelletto liberty a forma di comò sottosopra tra Via Palizzi e Via Sanfelice, Villa La Santarella, che il re del botteghino, ormai ricchissimo, decise di trasferirsi nella signorile Via Colonna, la zona bene di Napoli, quella dell’alta borghesia.

La sera del 3 dicembre 1904, al Teatro Mercadante Scarpetta portò in scena la parodia de “La figlia di Iorio”, il dramma di Gabriele D’Annunzio, il più grande poeta italiano del tempo.

All’inizio del secondo atto de “Il figlio di Iorio”, la commedia venne interrotta da urla, fischi e improperi sollevati da chi nel pubblico, ammiratori di D’Annunzio e tra essi Ferdinando Russo, gridava allo scandalo. Calò il sipario e Scarpetta fu querelato per plagio e contraffazione dallo stesso D’Annunzio. Iniziò, così, la prima storica causa sul diritto d’autore in Italia. Periti di parte: per D’Annunzio, Salvatore di Giacomo ed Enrico Cocchia, per l’imputato Scarpetta, Benedetto Croce. La deposizione in Tribunale fu un esilarante assolo teatrale con tanto di invettiva nei confronti del perito Cocchia : ” ma che cacchio m’accocchia sto cacchio di Cocchia”. Il processo si concluse nel 1908 con una sentenza di piena assoluzione per Scarpetta, una decisione epocale – e fu Napoli a fare giurisprudenza – perché legittimò la parodia, per la prima volta nella storia, qualificata come opera autonoma. L’ effetto artistico opposto, il pianto nel dramma di D’Annunzio, il riso nella commedia di Scarpetta – fu questa l’argomentazione più convincente di Croce – faceva escludere la sussistenza degli elementi distintivi della contraffazione e del plagio. Il Tribunale di Napoli all’udienza del 27 maggio 1908 si espresse così: “Il travestimento burlesco di opera seria è opera autonoma, indipendente e lecita che non può mai essere ragione di punibilità sotto forma di contraffazione”.

Ma nonostante la vittoria giudiziaria, il processo amareggiò nel profondo Scarpetta che si ritirò definitivamente dalle scene l’anno successivo. Il 29 novembre del 1925 Napoli si fermò. Era morto il re della risata. Una giornata “dove piangeva anche il cielo.”

Il palazzo di Via Colonna ancora oggi continua ad essere luogo simbolo del teatro italiano con la Fondazione Eduardo De Filippo, ospitata al primo piano dell’edificio. Nata il 19 giugno 2008 per volontà di Luca De Filippo e del Comune di Napoli e con la successiva adesione della Regione Campania, la sua missione è “la promozione di ogni iniziativa volta a favorire la salvaguardia ed il recupero del teatro della tradizione napoletana e lo sviluppo del teatro contemporaneo”. La Fondazione, oggi presieduta da Tommaso De Filippo, è impegnata anche “nel sostegno di iniziative che riguardano i minori ed intrattiene intensi e significativi rapporti di collaborazione con l’Istituto di Pena Minorile di Nisida e con le associazioni impegnate nel sociale, con l’intento di promuovere, continuare e consolidare le attività a favore delle fasce giovanili svantaggiate per prevenire condizioni di esclusione e per favorire un processo inclusivo delle stesse”. Raccoglie dunque l’eredità di Eduardo De Filippo, la sua dedizione verso i figli più “dannati” di Napoli, quelli dell’ex carcere minorile Filangieri, impegno che condusse alla promulgazione di una legge da lui fortemente voluta, nota, appunto, come Legge Eduardo: legge regionale 41/1987, recante “Interventi a sostegno della condizione giovanile in Campania”.

E così, passeggiando nell’elegante Via Vittoria Colonna, quasi di fronte alla Chiesa di S. Teresa a Chiaia e alla sua maestosa scalinata di Fanzago, si ammira il palazzo del padre del Teatro napoletano moderno, il cuore vivo della cultura partenopea e italiana.

Per Villa La Santarella https://www.ilrisvegliodiparthenope.it/villa-la…/

Su Eduardo De Filippo e i minori del riformatorio ex Filangieri

https://www.ilrisvegliodiparthenope.it/ex-convento-delle…/

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Marialaura D'amore

Laureata in giurisprudenza, lavora nel settore pubblico e nutre un grande amore per l’arte, la storia, le architetture, i musei e i panorami di Napoli, che fotografa nelle sue passeggiate.

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